Breve storia dei Tarocchi francesi (prima parte)

E' ormai storicamente accertato che i Tarocchi siano nati in Italia, probabilmente sul finire del XIV secolo. Da qui, essi si diffusero in seguito in Francia, ma anche in molti altri Paesi europei, dove subirono svariate modifiche dettate dalla cultura e dai gusti locali.

Sebbene si debba essere orgogliosi dell'origine italiana dei Tarocchi, è innegabile che questo magnifico strumento divinatorio abbia acquistato fascino nel tempo, conservandolo fino ad oggi, soprattutto grazie all'opera dei nostri “cugini” francesi: i maestri cartai d'oltralpe, infatti, sono riusciti a trasformare gli arcani in figure universali eccezionalmente longeve, capaci di rinnovarsi, di espandersi geograficamente e di adattarsi ai radicali cambiamenti culturali che hanno investito le società europee nel corso dei secoli.

Desidero perciò omaggiare la gloriosa storia dei primi Tarocchi francesi (ovvero quelli in stile marsigliese) ripercorrendone, a grandi linee, alcune tappe salienti. Per orientarmi in questo percorso mi sono servita del fondamentale testo di Giordani Berti «Storia dei Tarocchi».


Gli inizi – Tarocchi francesi del Cinquecento

A partire dal 1494, in seguito all'invasione del ducato di Milano per mano dell'esercito francese guidato dal re Carlo VIII, i Tarocchi iniziarono a diffondersi in Francia. Nella letteratura francese del Cinquecento e nelle leggi fiscali dell'epoca, essi sono nominati in vari modi, ad esempio “taraux”, “tarau”, “tarault” e infine “tarot”. Pare che già nel 1507 operasse ad Avignone un fabbricante di Tarocchi, ma il documento che conteneva questa notizia è oggi irreperibile. Dunque, il primo riferimento francese di cui si abbia certezza è al gioco del “tarau”, incluso nella lista dei passatempi citati da Rabelais nel «Gargantua» (Parigi, 1534).
Le tante citazioni dell'epoca testimoniano la rapida diffusione del gioco dei Tarocchi in tutti gli strati sociali, nonché la presenza di numerosi fabbricanti in varie città: Parigi, Avignone, Rouen, Lione, Tolone. Dell'ampia produzione di Tarocchi francesi del Cinquecento, tuttavia, non resta che un unico mazzo anomalo, stampato nel 1557 da Catelin Geoffroy (o Geofroy).

Geoffroypng

Il mazzo di Geoffroy non è rappresentativo della produzione francese: le carte numerali, infatti, non presentano i classici semi italiani (Coppe, Denari, Spade, Bastoni), bensì quelli di Pappagalli, Pavoni, Leoni e Scimmie, certamente copiati dal mazzo prodotto dall'incisore tedesco Virgil Solis nel 1540. Invece i Trionfi (quelli che oggi chiameremmo “arcani maggiori”) furono probabilmente ideati dallo stesso Geoffroy, e anche in questo caso si riscontrano evidenti differenze sia rispetto all'antica iconografia milanese, sia rispetto alla tradizione francese dei secoli successivi.
L'attività della bottega di Geoffroy era assai fiorente, tanto che si protrasse fino agli inizi del Seicento, ergendosi a modello per la qualità dei suoi prodotti. Ciò è testimoniato da una lettera del 1599 nella quale il duca Carlo III di Lorena esortava i fabbricanti a stampare mazzi di Tarocchi “così belli e buoni come quelli che si fanno a Lione sotto il nome di Catelin Geoffroy”.

Come si è detto, non si sono conservati altri Tarocchi francesi cinquecenteschi. Più significative, anche se comunque frammentarie, sono le testimonianze relative al secolo successivo.


L'evoluzione – Tarocchi francesi del Seicento

Nel 1622 il gesuita Garasse scriveva che il gioco dei Tarocchi era più popolare degli scacchi. Molti documenti dell'epoca, inoltre, testimoniano non solo la forte concorrenza commerciale tra le varie botteghe artigiane, ma anche il conflitto permanente tra gli stampatori e il fisco: in alcune città le imposizioni erano così pesanti da obbligare i fabbricanti a emigrare in altre regioni o persino fuori dai confini francesi.
La produzione era comunque copiosissima: alcuni studiosi ritengono che il numero di mazzi stampati nel corso del Seicento abbia raggiunto addirittura il milione! Eppure, per quanto possa sembrare incredibile, di quella sterminata produzione sono giunti fino a noi soltanto tre mazzi, tutti fabbricati a Parigi e oggi conservati nella Biblioteca Nazionale della capitale francese.

Tarocchi parigini anonimi
Il primo di questi mazzi fu realizzato da un autore il cui nome è stato cancellato dalla matrice xilografica, probabilmente in seguito alla cessione di quest'ultima dal fabbricante originario a uno successivo. Su alcune carte, quindi, si legge la scritta “Fatto a Parigi da......”.
Fortunatamente si sono conservate tutte le 78 carte del mazzo. Da queste si evince che l'autore conosceva le tradizioni italiana, tedesca e spagnola, dalle quali tuttavia fece lo sforzo di discostarsi. Su ogni Trionfo compare il relativo titolo, scritto con un'ortografia assai rozza, ma comunque riconducibile alla nomenclatura in uso in Italia.      

Pariginipng

Tutti gli elementi di questo mazzo anonimo sono interessanti, ma per la storia dei Tarocchi francesi sono più importanti gli altri due mazzi parigini cui si è accennato, databili tra il 1645 e il 1660: i Tarocchi di Jacques Vieville e quelli di Jean Noblet. Alcuni studiosi considerano queste carte come l'anello di congiunzione tra i Tarocchi italiani del Cinquecento e i Tarocchi marsigliesi del Settecento.


Tarocchi di Jacques Vieville
Alcuni arcani maggiori di questo mazzo (il Diavolo, la Stella, la Luna, il Mondo) sembrano derivare dalla tradizione italiana, in particolare quella bolognese; altre figure, come la Temperanza (raffigurata come “la Fama”) e la Torre (in cui l'alto edificio è sostituito da un albero), appaiono invece inventate ex novo. Curiosamente, l'Appeso è raffigurato in piedi: evidentemente l'autore non aveva ben chiaro il significato di questa figura, che aveva copiato frettolosamente da un altro mazzo! Tutti gli altri Trionfi sono molto simili a quelli di Jean Noblet.

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Tarocchi di Jean Noblet
Questo mazzo segna un ulteriore passo avanti nella creazione del modello marsigliese, ma al tempo stesso fa un salto indietro di 150 anni; alcuni arcani maggiori, infatti, sembrano riprodurre fedelmente le figure contenute nel celebre Foglio Cary, una xilografia milanese di fine Quattrocento o inizio Cinquecento:

Foglio Caryjpg


Sono quasi identiche, almeno nella struttura generale, le figure della Luna e della Stella:

Luna e Stellapng


Sembrano identici anche il Sole e la Torre, benchè di questi arcani, nel Foglio Cary, compaiano solo delle immagini tagliate:

Sole e Torrepng


Secondo Giordano Berti, questa è la prova del fatto che i fabbricanti francesi conoscevano gli antichi Tarocchi milanesi, e decisero di farli propri. La gloriosa tradizione dei Tarocchi marsigliesi affonderebbe quindi le proprie radici in un filone italiano ben più antico, che tuttavia sarebbe caduto nell'oblío, se non fosse stato riscoperto e valorizzato dai maestri cartai d'oltralpe.



NOTA BENE: Le informazioni contenute nell'articolo sono tratte dal libro «Storia dei Tarocchi»
di Giordano Berti.

Le immagini dei Tarocchi sono tratte dal web.